F Dvornik

 

‘Se la civiltà cristiana dell’Illiria non fosse stata distrutta dagli Avari e dagli Slavi, le chiese occidentale e orientale non avrebbero perduto contatto grazie a questo ponte, e la loro evoluzione non avrebbe mai preso le direzioni opposte che esse seguirono.
..le comunicazioni tra est e ovest divennero estremamente difficili (..) Avendo perduto quasi tutte le province del’Europa, i Bizantini furono costretti ad appoggiarsi sempre più alle province orientali e particolarmente a quelle dell’Asia minore. Ne risultò naturalmente una orientalizzazione progressiva dell’impero e della chiesa. D’altronde, i cristiani dell’impero romano d’occidente perdettero molte delle antiche tradizioni e dei costumi romani in seguito alle invasioni germaniche..
(..) Fu così che le due chiese seguirono la loro strada, ciascuna separatamente. Per alcuni secoli dovettero tutte e due combattere su fronti diversi, senza potersi comunicare le loro esperienze o i nuovi metodi che applicavano a popoli così profondamente diversi. Solo l’Illiria avrebbe potuto permettere questi scambi, ma la sua decristianizzazione lo impedì. Quando finalmente le chiese ebbero ricuperato le loro forze e la loro energia.. si incontrarono in Illiria come rivali, perché la lunga separazione le aveva rese praticamente estranee l’una all’altra. Così l’Illiria, invece di costituire un ponte tra l’est e l’ovest, contribuì in larga misura all’allontanamento delle due chiese. Divenne, in fin dei conti, il campo di battaglia in cui le due forze del cristianesimo ebbero i primi scontri che condussero a quella separazione totale così gravida di conseguenze per la cristianità e per l’umanità intera.’
F Dvornik, Gli slavi, Liviana 1974

 

‘gli scrittori russi sono abituati a fare la fame, ma la causa principale del loro .. silenzio non sta nel pane e neanche nella carta: è molto piu’ grave, pertinace, ferrea. La causa principale risiede nel fatto che la vera letteratura puo’ esistere solo là dove viene creata non da funzionari e fedeli esecutori, ma da folli, pazzi, eretici, sognatori, ribelli, scettici. Se lo scrittore deve essere ragionevole .. non puo’ sferzare tutti, come Swift, non puo’ sorridere di tutto, come Anatole France. In questo caso, però, si avrà una letteratura non di bronzo, ma di carta: oggi la si legge e domani vi si avvolgerà il sapone all’argilla’

 

 

E Zamjatin, Ja bojus, Io ho paura, 1920

 

‘in questa fine di millennio che così spesso riflette sui confini fra l’individuale e il collettivo, su sviluppo tecnico e natura, i versi di un grande sacrificato della storia ci ricordano – con i modi, a lui inscindibili, del titanismo e della sensitiva fragilità – che per cambiare davvero è pur necessario custodire qualcosa’

 

(Cavaion, Colucci, Rizzi, Samonà, La poesia del ventennio postrivoluzionario, Esenin in Storia della civiltà letteraria russa, Utet)

 

 

 

Lara camminava lungo il terrapieno per un sentiero tracciato da vagabondi e da pellegrini e quindi svoltava per il viottolo che, attraverso un prato, portava al bosco.
Qui si fermava e, con gli occhi socchiusi, aspirava l’aria densa dei confusi profumi della vastità che la circondava.
Era un’aria più cara del padre e della madre, più tenera dell’uomo amato, più illuminante di un libro.,
Per un istante a Lara si rivelava di nuovo il senso dell’esistenza. Era lì, sentiva, per cercar di capire la frenetica bellezza del mondo, per dare un nome alle cose e, se le sue forze non fossero bastate, per generare dei figli che l’avrebbero fatto in sua vece.

 

 

Dottor Zivago, B Pasternak, Einaudi, 1964

 

bunin

 

Purtroppo la rivoluzione del 1917  interruppe per un lungo periodo di tempo l’attività creativa di Bunin. E’ interessante rilevare qui come sia stato diverso in seguito il giudizio sul rapporto tra la rivoluzione e l’attività dello scrittore,  secondo che fosse pronunziato da un critico   dell’emigrazione o da un critico sovietico ‘

(Ettore Lo Gatto, Ivan Bunin, prefazione)

 

in essa Bunin mette in luce la tragedia di ogni amore umano, che emana dalla situazione cosemica dell’uomo, come essere che si trova tra due mondi”  (Stepun, su L’amore di Mitja, in Ettore alo gatto, Bunin, prefazione, 1969)

 

 

 

 

la sincerità è fluida, fluente..
 

Queste creature Rett, queste bambine, hanno gli occhi sinceri, più che belli..

 

Piegava continuamente un fazzoletto bianco.. Lo spiegava, lo ripiegava.. continuamente..

 

..

La ripetizione elegantissima del gesto conferiva al fazzoletto pieghe da stiratura

era notevole poi come lo spiegasse, la rapidità con la quale il fazzoletto appariva spiegato; due ali, tra due dita di ogni mano del ragazzo, le altre dita aperte, come ali di colomba..

 

 

 

Insomma lo faceva apparire, apparire, come se prima non ci fosse stato, o fosse stato tutta un’altra altra cosa.. lo faceva apparire spiegato.. infatti prima era tutta un’altra cosa, tutto un altro quadrato..

Compiva una destrezza il ragazzo, un miracolo..

Il passaggio, dal fazzoletto piegato al fazzoletto spiegato, in tanti anni, io non riuscii a scandirlo

Non vidi mai le dita delle mani afferrare gli angoli esatti del fazzoletto piegato per spiegarlo

La spiegatura non aveva spiegazione..

 

 

 

..

 

Era un ragazzo, non era una ragazza dagli occhi sinceri, ma

quel gesto.. quel fazzoletto.. Voleva piegarlo? voleva spiegarlo?.. né l’uno né l’altro verbo, ma un sostantivo sì, l’ossessione era questa, l’intervallo..

Tra il fazzoletto piegato e il fazzoletto spiegato, cosa avviene?

E’ inaccettabile la piegatura, va spiegata..

E inaccettabile la spiegatura, va ripiegata..

Sono poli distanti.. Cosa lega questi poli? Legato e spiegato sono aggettivi, sono aggettivi tranquillizzanti per noi.. pietosi; spesso penosi.. come si dice.. si dice ‘stato penoso’ per esempio, o ‘pietoso’..

 

..

 

Il ragazzo sapeva, sentiva che ‘piegato’ e ‘spiegato’ erano stati penosi della cosa, del fazzoletto

Questa franchezza.. noi siamo abituati a sistemare le cose, a dare loro una piega, siamo abituati a utilizzarle, quindi a spiegarle e a spiegarcele, come convenienti all’uso..

 

 

..

 

Se sinceramente considerassimo.. i nostri respiri..

 

 

..

perderemmo il nostro respiro normale, perderemmo.. la normalità..
 

Il fazzoletto, la ripetizione dei gesti, quel togliere e mettere.. quel tornare su un punto, su un referente fisico con ostinata reiterazione.. A nome dell’umanità, queste creature iterative attuano una procedura, un programma e un metodo tutti tendenti allo svelamento di un enigma..

 

..

 

Sfogliare un libro senza leggerlo è un gesto purissimo.. di tersa illusione, si afferra l’intervallo tra ammassi di frasi, forse il vero romanzo, la vera poesia..

 

 

 

 

Queste bambine sanno di che parlo.. anzi, non è che lo sappiano.. quello che si sa.. non lo si sa, lo si è..

Ribelli alla volontà, vorrebbero conquistare – se una volontà dobbiamo pure averla – la volontà dell’acqua..

L’acqua è volontà in se’,.. ma fluisce, colma, si spande.. si libera..

Queste creature non vogliono lavare continuamente le proprie mani, non vogliono utilizzare l’acqua, vogliono esserla.. quelle mani, le loro mani, loro vogliono liberarle dalle mani..

 

 

 

 

04/07/2015

 

 

Pasquale Panella

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su Cechov

‘All’inizio, quando comincio un racconto, sono disteso e nelle migliori condizioni di spirito, ma quando mi avvicino alla metà, comincio a impaurirmi ed a temere che il racconto sia troppo lungo.. E’ per questo che il principio dei miei racconti è sempre molto promettente..  e la fine arriva troppo in fretta..’

Cechov ..distribuisce l’attenzione dello spettatore fra tutti i suoi personaggi, senza alcun favoritismo. Le sue tramatis personae vivono in uno stato di democrazia ideale, dove l’eguaglianza non è un inganno.

Da DP Mirskij,  Storia della letteratura russa

Non ci sono più testimoni
qualcuno con cui piangere, con cui ricordare.

Lentamente si partono da noi le ombre
Che ormai non invochiamo più
E il cui ritorno ci metterebbe angoscia
E una volta svegli, capiamo di aver dimenticato

La strada che porta alla casa isolata
E in affanno, per la vergogna e per la rabbia,
Ci andiamo di corsa, ma (come accade in sogno)

Tutto è diverso: le persone, le cose, le pareti
E nessuno ci conosce, siamo estranei.
Abbiamo sbagliato indirizzo..

Anna Achmatova, Elegie del Nord, Sesta elegia

Nordgrønland henligger i vinterens slagskygge. Solopgang glider over i solnedgang uden at nogen dag bliver til. Men når solen nærmer sig i horisonten, begynder havet at gløde, og den sydlige himmel opdeles i flere lang farver. Rød, orange, grøn, gul, dyb blå. Her er koldt, minus tolv og  faldende, men jeg er holdt op med at fryse. Med kulden følger højtryk og nordlys. Nogle aftener står det urokkeligt som lys fra kolossale projektorer, andre gange blafrer det, bølger, changerer i grønt, blåt, hvidt. Det kaldes ”boldspil”. Det er de døde der spiller bold med et hvalroskranie.
En aften da jeg går op i højlandet bag ved bygden, får jeg et syn. Op over en lav åskam nogle hundrede meter væk strømmer et sølvblankt lys, og mellem strålerne farer skyggerne af små travle skikkelser frem og tilbage. Jeg klatrer op på toppen af åsen, for jeg er nødt til al forsikre mig om at der ikke ligger et strålende oplyst fodboldstadion på den anden side. Men der er selvfølgelig ikke noget, andet end den spillende himmel over mig og den lysreflekterende sne under mig. En kan se fjeldtoppe hundrede kilometer mod nord, fjorden nedenfor hvor jeg står, hver eneste detalje i landskabet, tydeligt som på et kobberstik.
Det er dette man kalder mørketid.

Kim Leine,  Kalak, Gyldendal, 2007, 2013

Astrov         Sì… In dieci anni sono diventato un altro uomo. E la causa qual è? Ho faticato troppo, nonna.  Da mattina a sera sempre in piedi, non conosco tregua, e di notte me ne sto sotto la coperta e ho sempre paura che vengano a trascinarmi da qualche malato. In tutto questo tempo, dacché ci conosciamo, non ho avuto una sola giornata libera. Come si fa a non invecchiare? E poi, la vita è già in sé noiosa, stupida, sudicia.. T’inghiottisce, questa vita. Intorno hai soltanto degli strambi, nient’altro che degli esseri strambi; e ci vivi insieme due o tre anni; e, a poco a poco, senza neanche accorgertene, diventi pure tu uno strambo. Destino inevitabile! (Arrotolandosi i lunghi baffi.) Eh, che baffi enormi mi son cresciuti… Baffi stupidi. Sono diventato pure io uno strambo, nonna… Quanto a diventar scemo, ancora non lo sono diventato; Dio misericordioso, il cervello è ancora a posto, ma i sentimenti si sono come intorpiditi. Non voglio nulla, non ho bisogno di nulla, non amo nessuno… Ecco, forse amo te soltanto. (La bacia sulla testa.) Da piccolo avevo anch’io una bambinaia come te.

 

Anton Cechov, Fabbri Editori,  1985